La scoperta…
E’ il 1924, il 21 gennaio muore il leader dell’Unione Sovietica Lenin; Antonio Gramsci dà vita all’Unità, organo del Partito Comunista d’Italia; a Monaco di Baviera inizia il processo contro Hitler ed i golpisti del novembre 1923; Giacomo Matteotti, deputato del Partito Socialista Italiano che aveva denunciato gravi brogli elettorali, viene rapito ed ucciso. Sono tempi difficili, la buia alba di drammatici anni che verranno.
A Viareggio, nonostante le difficoltà, il Carnevale muove passi che lo porteranno lontano. La creatività, la fantasie e le idee, però, sono condizionate dalla censura del regime fascista. Si ricorre, quindi, alle metafore come quella, espicita, del “Il Circo Equestre” e dell’allusiva canzonetta con cui si ricorda che: “…è inutile picchiare se il miccio non vuole andare…“. Per finanziare la manifestazione si istituisce la “Lotteria del Bue Grasso” che frutta 8.010 Lire e circa 3.000 Lire di utile. I carri mostrano i primi movimenti e per realizzarli scatta la scintilla della “carta a calco”. Il primo premio va a “Il drago o il sogno dopo un’orgia carnevalesca” di Raffaello Tolomei che, durante i due Corsi del 2 e 4 marzo, sfila tra il pubblico che affolla i viali a mare, zona Margherita, accompagnato dalla canzonetta omonima.
E proprio da questo famosissimo brano, ha inizio la nostra storia…
“Andasti, o giovinastro, al gran veglione
al braccio ti abbiam visto di una bionda
e ci facevi il nesci e il burbiglione
mentre palpavi l’anca sua rotonda.”
Un incipit scritto da Curzio Caprili su un tappeto di note, tipicamente carnevalesco. Il dopo sbornia di un giovane borghese squattrinato, supportato da una musica allegra, coinvolgente, travolgente che, per quanto riguarda l’autore, non è mai stata attribuita. Un “anonimo” che oggi non è più tale grazie a due viareggini che rispondono al nome di Giuliano Lazzarini ed Andrea Nardi, insegnanti e, come molti, appassionati di tutto ciò che riguarda la manifestazione di Burlamacco e la storia della nostra Città. Qualche giorno fa, infatti, condividendo pensieri ed opinioni, Giuliano racconta ad Andrea di aver visto, la sera prima in tv, un vecchio film musicale (i tesori televisivi del palinsesto estivo) intitolato “Carosello napoletano”, diretto, nel 1954, da Ettore Giannini con, nel cast, presenze del calibro di Sophia Loren e Paolo Stoppa. La pellicola, “Prix International al Festival di Cannes” di quell’anno, narra la vita di Salvatore Esposito, cantastorie sfrattato, che se ne va in giro per Napoli con la sua numerosa famiglia tirando un carretto che contiene tutte le sue cose. Un il filo conduttore che lega gli episodi del film, rievocazione in chiave musicale della tormentata storia della città attraverso i secoli; dalle dominazioni francesi e spagnole, a quelle inglesi e americane.
Scena dopo scena si arriva ad una canzone dal titolo: “Sciuldezza bella” e non ci sono discussioni… la musica è, pari pari, quella del “veglion dietro la quinta dove la Bebè era tutta ritinta”, sicuro al cento per cento. La differenza è, ovviamente, nel testo. Qui “quarantaquatto ‘nnamurate” si ritrovano sotto il balcone di una bella ragazza per chiederle di affacciarsi e contare “e cape”.
Picceré’, pe’ tutt”o vico,
vanno ‘e nnote ‘e ‘sta canzone…
si vedisse ‘on Federico
ll’urganetto comm”o sona!
Giorgio sona ‘a ciaramella…
Papiluccio, ‘o putipù…
Picceré’, sciuldezza bella!
Sulo chesto saje fá tu!
Quindi grazie a Giuliano Lazzarini ed Andrea Nardi siamo in grado di ufficilizzare l’autore di una canzone, tra le più famose dello sterminato patrimonio musicale viareggino, a cui Mario Tobino, nel libro “Sulla spiaggia e di là dal molo” ed in un famoso documento RAI, da giusta e meritata dignità letteraria. Si tratta di Alberto Montagna che nel 1905, giovanissimo, su parole del letterato Edoardo Nicolardi (grande poeta, napoletano verace ed autore anche del celebre brano “Voce ‘e notte”), scrisse la musica, al piano della Birreria dell’Incoronata nei pressi di Via Medina, a Capodimonte.
Un’attribuzione che, oltretutto, conferma lo stretto legame che, da sempre, unisce Viareggio e Napoli. E’ del 1923, ad esempio, il brano “Serenata di Pulcinella” nel quale si utilizzano, tra gli altri, due strumenti che ritroviamo proprio nel video di “Sciuldezza bella”: la ciaramella (o Pipita) e la caccavella, creato dalla fantasia folkloristica napoletana che, per onomatopea, assume anche il nome di “putipù”.
Onore, allora, ad Alberto Montagna ed al suo prezioso, inconsapevole, contributo alla genesi di “Risveglio dopo l’orgia” che, nel 2004, 80 anni dopo la sua prima uscita, la Fondazione presieduta da Elio Tofanelli elesse a canzone ufficiale.
Per il resto, a Carnevale e non solo, continuiamo a sognare, oltre ai draghi, all’inferno, al crudo inverno ed ai creditori che aspettan che si paghi…