Paolo Arciello

La storia di una persona è l’insieme di ciò che accade giorno dopo giorno, mattoncino dopo mattoncino che, uniti assieme, diventano vita. Ed è proprio dai mattoncini, il gioco della Lego, che questa storia inizia e che, attorno ai mattoncini, ruota. Protagonista è Paolo Arciello, un trentenne che abita a Torre del Lago Puccini. Lo incontro seduto ad un lungo tavolo, necessario per esporre la sua creazione, frutto della passione, appunto, per la Lego. E’ una sorprendente ricostruzione di parte della passeggiata di Viareggio che si sviluppa, linearmente, per circa due metri. Ma, andiamo per ordine e a ristroso nel tempo…


1932, in Danimarca, Ole Kirk Christiansen inizia a fabbricare giocattoli. Veicoli da trainare, yo-yo e automobiline in miniatura. Due anni dopo decide di chiamare i suoi prodotti con il nome LEGO, in lingua danese leg godt (“gioca bene”). Nel 1949 appaiono per la prima volta gli “Automatic Binding Bricks”, mattoncini, composti di acetato di cellulosa che possono essere assemblati e disassemblati fra loro..

Detto questo, torniamo a Paolo Arciello quando, ancora bambino, passa il tempo con i fratelli.
Cosa fai?
Gioco e tra le diverse varianti del gioco, mi diverto un mondo a montare e smontare le costruzioni colorate, plasmate dalla fantasia e dalla creatività, strumento per vedere e toccare i mondi, i personaggi e le avventure che ho dentro.
E poi?
Succede quello che accade a tutti; cresco. Si gioca meno (purtroppo), si pensa a tante altre cose, perdiamo la dimensione del sogno e dell’immaginazione, diventiamo adulti. Ma quella passione, che cova silenziosa sotto la cenere del cuore, ad un certo momento si riaccende.
E cosa accade?
Mi rimetto a giocare, a costruire, a divertirmi. Una condizione di cui non dobbiamo vergognarci, anzi. Mi rilasso, riconquisto il valore prezioso dei minuti che si rincorrono ed il rapporto con me stesso. La Lego è diventata una multinazionale e ai mattoncini si aggiungono una sterminata serie di accessori. Si possono acquistare singoli pezzi o scatole tematiche come quella, ad esempio, del castello di Harry Potter. Ne compro una. Le mura di Hogwarts non superano i 50 centimetri, io costruisco una versione larga oltre due metri ed alta un metro e mezzo.
Quanto tempo impieghi?
Quasi un anno. Un anno per costruirlo e dieci minuti per smontarlo.
Lo hai distrutto?
Si, ma forse un giorno ne farò un altro più grande. Passo ad altre “imprese”, tra le quali una riproduzione di una scena del primo film di Spider-Man. Quella dove il supereroe bacia, a testa in giù, Mary Jane. Vinco un premio a Lucca Comics grazie anche all’effetto pioggia creato, naturalmente, con i mattoncini.
Soddisfazione si aggiunge al piacere.
Si, ma gli obiettivi e le motivazioni di questa attività non sono certo legati ai premi. Ecco allora che, stimolato dalla passione di mia moglie per il Liberty, passo a costruire una pasticceria parigina. Guardandola, con quelle ampie porte in vetro e legno, ho l’impressione di averla già vista da qualche parte…
Dove?
La lampadina si accende quando il Professor Alberto Magnolfi mi chiede quanto possa essere concreta l’ipotesi di replicare alcuni edifici storici della nostra città. Ci provo. Inizio subito, trasformando la pasticceria francese in una costruzione che ora è ben chiara nella mia testa: è il negozio (non un caso che in origine vendesse giocattoli) “Duilio 48”. E al suo fianco, nel giro di un mese, prendono forma l’ex Mondodisco, il Martini, il Margherita e la Galleria del Libro, firmata Gae Aulenti.
Davvero uno spettacolo, con tanto di piccoli personaggi. Chi sono?
Giacomo Puccini al piano, l’architetto Alfredo Belluomini, il decoratore Galileo Chini e, come accadeva con le apparizioni di Alfred Hitchcock nei suoi film, il sottoscritto sulla torretta.
E Paolo, dall’alto, cosa vede nel futuro delle prossime realizzazioni?
A livello locale l’ingresso del Balena sul viale e l’interno del Caffè Liberty. Sul piano dei sogni impossibili, ma proprio per questo così stimolanti ed attraenti, la ricostruzione dell’intera Manhattan, il cuore di New York.

Parla Paolo, e nei suoi occhi si accende un riflesso inconfondibile: quello di chi manterrà per sempre la bellezza dell’essere un bambino. Un novello Peter Pan che mi saluta alzando le braccia ed unendo i gomiti per unire due disegni che diventano un unico tatuaggio. Due mattoncini Lego, racchiusi in una scritta circolare che, passando da un braccio all’altro, diventa un precetto vulcaniano: “Infiniti universi di infinite combinazioni”.

stefano pasquinucci

Pubblicata da Il Tirreno il 14 novembre 2020

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