E, poi, all’improvviso…
Risuonano, di continuo, i messaggi acustici delle notifiche nel telefono. Video, foto, esternazioni, citazioni, segnalazioni, esasperazioni, provocazioni, farneticazioni, catene, bufale e presunte “occasionissime da non perdere”. Una babilonia di voci che, per la stragrande maggioranza dei casi, sono come urla nel deserto.
E, poi, all’improvviso ecco la sorpresa; il miraggio che tale non è. Un allegato su Messenger che, a prima vista, potrebbe anche essere un virus (tanto per rimanere in tema…). Chi lo manda, però, è una persona che in qualche modo conosco da anni. Nelle ultime settimane ho notato la sua “immagine profilo” a margine di vari post pubblicati in alcune delle pagien che curo.
Sarà l’istinto, ma decido di aprirlo e faccio molto bene perchè ciò che leggo mi emoziona profondamente. Inattesa ed immeritata, l’ampia riflessione illumina ricordi, esperienze, persone, momenti di vita, valori e quel forte legame che abbiamo con la nostra Città. Nostra non tanto (e non solo) perchè qui siamo nati, ma in quanto luogo e spazi dove la nostra vita si è sviluppata, dove si vedono gli orizzonti futuri dei nostri figli e/o dei nostri nipoti.
Ecco perchè la pubblico. Sono parole che arrivano dal cuore, e raggiungono i cuori di tutti noi, non solo del sottoscritto.
Grazie Aldo…
Ciao caro amico,
mi viene dal cuore scrivere questa lettera a te, perché in questo momento ti sento vicino, a te a cui mi sento vicino per anagrafe, a te a cui mi sento vicino per tutte quelle affezioni che ci accomunano verso la nostra Viareggio, verso il nostro Carnevale, verso tutte le nostre storie vissute, verso Vittò matto, la Zorria, la Robertona e chi più ne ha ne metta, noi che da bamboretti le abbiamo vissute tutte.
Io non sono nato a Viareggio, ma ci sono piovuto a sette anni, nel 1963 quando l’Ing. Memo Picchiotti, dal 1961, ha chiamato mio padre a ricoprire il ruolo di responsabile del reparto falegnameria dei Cantieri Picchiotti. Io non sono di Viareggio, ma di Viareggio ho condiviso tutto e tutti, a partire dal fare il bagnino (aiuto) a 14 anni alla Bussola di Focette, per poi proseguire a Lido e Viareggio, io che ho vissuto la nascita dei Carnevali rionali, dai primi esordi, con il rione Marco Polo (solo il mio amico Riccardo Dini sa quanti quintali di tordelli abbiamo sfornato), fino a pochi anni fa, quando mi è sembrato di cogliere uno spirito un po’ diverso.
Viareggio per me è stata la mia città, la mia culla, da quando correvamo con i miei amici sugli scogli del molo dritto facendo a gara a chi arrivava prima senza mai toccare con le mani a terra (a terra…), a quando in pineta si giocava a pallone alla fontanella e chi arrivava dopo doveva aspettare il turno, a quando al Pino sul Tetto pattinavo e andavo via quando arrivava la “Patty” che era più bravo/a di tutti… (Patty non era una ragazzotta…).
La passeggiata era la mia casa, io abitavo in via San Martino, fra via Ugo Foscolo e il Viale Manin, e la mia vita si svolgeva fra il bagno Quilghini, il bagno Italia, la passeggiata e la pizzeria Rusticanella. Ho portato i bomboloni a Corrado e sciacquato i bicchieri da Sommariva… e poi ho fatto il bagnino.
Di Viareggio conosco tutti quelli che hanno giocato a pallone e, soprattutto, quelli che facevano gli attaccanti, perché quando c’era qualcuno di forte da coprì, mi dicevano “guarda che quello non deve toccà palla”, tutti me li ricordo e tutti con i quali sono rimasto amico, dal Gemignani, (figlio del Sindaco), a Enzino Barsotti, a Bertoloni, a Cecchino e a tanti altri di cui non me ne vogliano, ma non mi viene in mente il nome. Con tutti ho sempre avuto un rapporto leale, perché questo è quello che ha caratterizzato la mia vita. Ho giocato a pallone a Pietrasanta, nel Bargecchia (con tuo fratello Bobo), ma sempre e comunque ho avuto un rapporto stupendo con tutti, compagni e avversari, e questo determina e ha sempre determinato, il mio conoscere tanta, tanta gente di Viareggio e di tutti quanti mi sento e mi sentono amico. Ma principalmente Marco Polo, perché io mi sono sentito e mi sento ancora un “Marcopolino”, calcistico e rionale. Anche se la mia vita si è sviluppata in Darsena.
Dopo i primi tempi da di diplomato in chimica, quando facevo il chimico con le analisi dei terreni per la floricultura, al mercato dei Fiori (a proposito c’era Poldo che faceva il treno), ho iniziato a lavorare con mio padre e i miei fratelli per i Cantieri Navali, prima Tecnomarine, poi F.lli Benetti, SEC, Lusben, Perini, San Lorenzo, Leopard e credo tutti gli altri..
In tutti questi anni ho sempre cercato di fare l’imprenditore in maniera democratica, sempre cercando di mettere in primo piano, forse troppo, i principi della tolleranza e della “sopportazione”, considerando tutti gli operai come collaboratori che contribuivano a far si che la nostra Azienda fosse considerata una eccellenza, cosa nella quale ci siamo sempre riusciti, fino alla crisi del 2009 che ci ha portato via anche noi, alla fine del 2015, dopo 43 anni di onesta attività. Ma la storia non finisce e continua!!!
Una storia e una vita che ti ha sempre visto vicino, anche se non accanto, anche se davvero non ci siamo mai conosciti e vissuti. Alle otto di mattina da Radio Babilonia mi telefonavi all’alba per una rubrica sulla pallanuoto, per cercare di diffonderla agli altri, te lo ricordi?
Ti ho sempre seguito e apprezzato, ti ho votato per il CD della Coop; sono orgoglioso della amicizia che hai con mia figlia Francesca, che riesce, cento volte meglio di me, ad esprimere e a significare quanto più ci sia di giusto nel condividere la partecipazione a la passione alla cosa “comune”, sempre e comunque nell’ottica di una cultura appassionata!
Credo che tanti siano gli obbiettivi, i ricordi e le aspirazioni che ci accomunano.
Un grande abbraccio.
Aldo Chiarini