Occhi
Da qualche anno il mio lavoro è occasione quotidiana per comprendere, nel profondo, i valori che fanno della Croce Verde un patrimonio comune; per condividere tempo ed impegno con colleghi fenomenali e volontari meravigliosi e per incontrare decine e decine di persone ogni giorno, per le quali fai di tutto per poter dar loro una risposta, un servizio, un sostegno od una semplice informazione.In questo ambito, in questa fase così particolare che siamo costretti ad affrontare da qualche anno, negli incontri che si susseguono, ciò che colpiscono sono gli occhi. Occhi che parlano a sostegno delle parole che escono da bocche nascoste dietro alle mascherine. Occhi che trasmettono sensazioni emotive, illuminati da storie, pervasi spesso dalla fatica e dal dolore. Occhi a cui non puoi sfuggire e nei quali, in qualche modo, devi entrare e a volte perderti.In questa galleria di occhi, giorni orsono, me ne sono presentati due che mi hanno particolarmente colpito.
Appartenevano (appartengono) ad un signore anziano, simpatico, sveglio. Più lo guardavo e più cresceva quella sensazione che proviamo quando ci confrontiamo con una certa impalpabile familiarità. Ma è stato nel momento in cui ho chiesto nome e cognome che tutte le tessere del puzzle sono andate al loro posto: Mario Bonetti, nato a Viareggio. Mario Bonetti, fratello di Umberto, che il 7 maggio compirà 102 anni. Un fenomeno, ultimo di quattro fratelli: Uberto appunto, nato il 31 gennaio 1909, Bianca, moglie di Giovanni Menghino Lazzerini, deceduta a 89 anni e Giulio che è vissuto fino ai 99 anni. Mario che nel 1943, all’età di 23 anni, era radiotelegrafista a bordo del cacciatorpediniere Gioberti, colpito dai siluri e affondato al largo di Punta Mesco. Dei 200 uomini a bordo, metà furono i dispersi in mare. Lui si salvò e, finita la guerra, entrò in comune come geometra per rimanerci fino alla pensione.
Guardando i suoi occhi ho pensato a tutto ciò che avevano visto; al fianco del fratello, per le vie e le piazze della nostra città, incontrando chissà quali personaggi e mi sono detto come sarebbe bello che i nostri occhi potessero trasformarsi in “Proiettori all’incontrario”, capaci di recuperare e diffondere scene dei film delle nostre vite.Anche per questo, prima che Mario se ne andasse, mi sono permesso di fargli una domanda: “Anche Lei – ho chiesto – ha uno spirito artistico?”. Mi ha ascoltato attentamente, mi ha guardato intensamente (ecco di nuovo quegli occhi…) e, accompagnando i gesti con un mezzo sorrisetto che ho immaginato stamparsi sul suo volto, ha tirato fuori dalla tasca un portafoglio da cui, tra chissà quali altri ricordi, ha fatto uscire una foto spiegazzata e, mostrandola, ha detto: “Mi diverto a fare delle cosette. Ora, ad esempio, sto finendo questa cosa qua… “ e mi ha mostrato l’immagine che pubblico. Una meraviglia, con le navi che – ha aggiunto – si muovono attorno al faro… e lo ha precisato come se fosse la cosa più normale del mondo. Applausi!
PS – I genitori di Mario erano Pietro Bonetti ed Emilia Giannessi, sorella di Umberto, proprio uno dei fondatori della Croce Verde.